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Consulta, verso rush finale dopo vertice con Meloni: arriva fumata bianca?

today13 Febbraio 2025 2

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(Adnkronos) – Il vertice di governo di ieri a Palazzo Chigi non ha sciolto il nodo della riforma dei medici di base, su cui si addensano i dubbi di Forza Italia. Ma nel frattempo in Parlamento si continua a lavorare a un'intesa sulla Consulta, con Fdi che fa trapelare un cauto ottimismo sull'esito della trattativa che dovrebbe portare già oggi, 13 febbraio, all'elezione dei quattro giudici della Corte costituzionale.  Ieri mattina la premier Giorgia Meloni ha riunito i suoi vice Antonio Tajani e Matteo Salvini, insieme ai ministri dell'Economia Giancarlo Giorgetti e della Salute, Orazio Schillaci; presente anche il governatore del Fvg Massimiliano Fedriga in qualità di presidente della Conferenza delle Regioni.  Al centro della discussione, il futuro ruolo dei medici di base. L'ipotesi di trasformarli in dipendenti del Servizio sanitario nazionale ha scatenato molte polemiche, soprattutto all'interno della categoria. E su questo punto si registra il fermo no di Forza Italia: "Noi siamo contrari alla modifica dello status giuridico del medico come lavoratore autonomo", dice all'Adnkronos il portavoce di Fi Raffaele Nevi, sottolineando come la proposta di legge presentata dagli azzurri due settimane fa abbia come obiettivo quello di "garantire una maggiore copertura dei medici di famiglia sul territorio, ma attraverso un meccanismo diverso" da quello contemplato inizialmente dalla bozza del ministero della Salute. Il testo del governo, prosegue Nevi, "deve ancora essere sottoposto al confronto con la maggioranza. Ieri si è entrati nel merito della questione. Qualcuno dava per scontato che quel testo fosse definitivo, ma va ancora discusso".  Perplessità che sarebbero state ribadite durante l'incontro da Tajani, che poi è stato costretto ad annullare tutti gli impegni della giornata a causa di un forte stato influenzale. Ma l'attesa svolta sulla possibile rivoluzione del ruolo dei medici di famiglia dovrà aspettare, perché nessuna decisione sarebbe stata adottata, come confermato da Fedriga al termine del vertice: "O governiamo con la consapevolezza di quello che consegniamo o governiamo semplicemente per il consenso immediato. Questo, secondo me, sarebbe sbagliato, soprattutto in termini di sanità. Dobbiamo raccontare ai cittadini come stanno le cose", ha messo in guardia il presidente del Friuli Venezia Giulia. Si susseguono intanto i contatti in seno alla maggioranza per trovare una quadra anche sulla Consulta e scongiurare, così, l'ennesima fumata nera, quando oggi tornerà a riunirsi il Parlamento in seduta comune per l'elezione dei giudici costituzionali che mancano all'appello. Un tema sul quale è sempre alta l'attenzione del Quirinale, che auspica una soluzione rapida dell'impasse.  Fonti di Fdi all'Adnkronos assicurano che "l'accordo è praticamente fatto". Ieri sarebbe stata infatti raggiunta un'intesa di massima tra i poli con il via libera alla candidatura bipartisan di Maria Alessandra Sandulli, giurista e docente ordinario presso Roma Tre, già inclusa nel 2014 tra i possibili nomi in lizza. Anche le ultime resistenze all'interno della maggioranza sarebbero state superate, tanto che, nella serata di ieri il tam tam parlamentare richiamava tutti alla presenza in aula domani. In ogni caso le interlocuzioni andranno avanti anche nelle prossime ore per arrivare in aula con un 'pacchetto' chiuso.  L'intesa su Sandulli si completerebbe con il disco verde al nome in quota Fi (i rumors in casa azzurra danno tra i papabili sempre Andrea Di Porto, docente all'Università La Sapienza di Roma, già avvocato di Silvio Berlusconi e di Fininvest, e Gennaro Terracciano, avvocato e prorettore dell'Università del Foro Italico). Partita chiusa da tempo, invece, in casa Fratelli d'Italia, che punta sul 'padre' del premierato Francesco Saverio Marini; e nel Pd che conferma Massimo Luciani. E anche se ufficialmente il tema all'ordine del giorno era la sanità, nella riunione di ieri si sarebbe parlato anche di Albania e Consulta. I tecnici di Palazzo Chigi e Viminale stanno scrivendo il nuovo decreto che dovrebbe trasformare i centri per i migranti costruiti sul suolo albanese in Cpr, senza rivedere il protocollo siglato da Meloni con Edi Rama.  "Il governo è al lavoro per mettere in campo soluzioni in grado di superare gli ostacoli sinora incontrati, consentire la piena funzionalità e sviluppare le notevoli potenzialità di utilizzo delle strutture in Albania che, lo ricordo, fanno parte di un impianto polivalente", ha precisato in Aula alla Camera il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, nel corso del question time.  Sullo sfondo resta la questione Paragon. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, rispondendo a un'interrogazione di Pd e M5S sul caso dei giornalisti spiati su Whatsapp, ha smentito che la società Paragon Solutions abbia rescisso il contratto in essere con l'intelligence: l'azienda israeliana "ha garantito la fornitura del servizio, in ottemperanza alle clausole contrattuali, con massima professionalità e serietà", ha affermato in Aula Ciriani, aggiungendo che il governo adirà le vie legali "nei confronti di chiunque in questi giorni lo ha direttamente accusato di aver spiato i giornalisti".  Linea ribadita dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega ai servizi, Alfredo Mantovano, il quale ha spiegato che sarà l'autorità giudiziaria a stabilire se c'è stato un "uso improprio" del software e se sono stati commessi reati. Mantovano ha anche aperto all'ipotesi di aggiornare la legge che riforma l'organizzazione e la struttura dell'intelligence italiana: in tal senso, la proposta del presidente del Copasir Lorenzo Guerini contiene "degli spunti interessanti", le parole del sottosegretario. —politicawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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