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(Adnkronos) – "La prevalenza del diabete in Italia è attualmente attorno al 7%, che corrisponde a circa 4 milioni e mezzo di persone con diabete. Sappiamo, però, che per ogni 2 persone con diabete ce n'è almeno una terza che ha il diabete, ma non sa di averlo: quindi abbiamo circa 1 milione di individui con diabete non diagnosticato. Il 90% dei casi è costituito da diabete di tipo 2, 5-6% circa da diabete di tipo 1, 1-2% da diabete gestazionale e poi ci sono altri tipi meno frequenti di diabete come il diabete da difetti genetici o forme di diabete secondario. Non solo, si stima che poco più di 1 paziente su 2 sia aderente alla cura suggerita". Lo ha detto Riccardo Candido, presidente Amd – Associazione medici diabetologi, intervenendo oggi a Roma alla conferenza stampa 'Diabete di tipo 2: investire in salute, tra accesso all'innovazione ed efficienza del Ssn, è la sfida per il futuro', promossa da Lilly. "Nel mondo le persone con diabete sono più di mezzo miliardo, numero destinato a crescere fino ad un miliardo e 300 milioni da qui ai prossimi 25 anni – avverte lo specialista – Anche in Italia le stime prevedono un aumento al 9-10% della prevalenza nel 2040. Il diabete è una pandemia per i numeri e per l'impatto che ha sulla salute, sulla qualità di vita e sui costi del Servizio sanitario nazionale: basti dire che circa l'8% dei costi sanitari globali sono legati al diabete". In particolare, "la spesa più elevata riguarda le ospedalizzazioni per le complicanze, i farmaci utilizzati per il trattamento delle comorbilità correlate al diabete e le prestazioni ambulatoriali. Di conseguenza – sottolinea l'esperto – oggi è urgente per gli Stati intervenire con provvedimenti sanitari e politico-istituzionali in grado di incidere sia sulla prevenzione delle complicanze, ma anche sulla corretta gestione della malattia diabetica e sulla cura". Attualmente molte persone con diabete non raggiungono i risultati di controllo prefissati. "I dati degli Annali di Amd rilevano che solo il 56% delle persone con diabete di tipo 2 raggiunge un valore di emoglobina glicata sotto il 7%, che è il primo grande obiettivo target nel controllo glicemico. I motivi? Diagnosi tardiva e inizio del trattamento non tempestivo; inerzia terapeutica da parte dei professionisti che non intervengono in maniera precoce e incisiva nelle modifiche delle terapie qualora il diabete non sia sufficientemente controllato; difficoltà da parte dei pazienti a mantenere adeguati stili di vita in termini alimentazione e attività fisica; utilizzo di terapie fino a qualche tempo fa non del tutto efficaci e gravate dal rischio di ipoglicemia, per cui lo specialista non poteva spingere troppo il dosaggio", elenca Candido. E "ovviamente la ridotta aderenza dei pazienti alle terapie che vanno seguite per tutta la vita: si stima che poco più di 1 paziente su 2 sia aderente alla cura suggerita. L'ultimo aspetto è la difficoltà, a livello regionale, di disporre e di mettere a disposizione in tempi rapidi le innovazioni terapeutiche che oggi sono le più efficaci, come tirzepatide, non gravato dal rischio ipoglicemico, che agisce sul controllo glicemico e sulla riduzione del peso corporeo, efficace anche sul controllo della pressione e del colesterolo, agendo quindi anche sulla prevenzione del danno cardiovascolare e renale. Problematico – conclude Candido – resta nel nostro Paese il tema della disequità di accesso alle nuove opportunità terapeutiche e tecnologiche". —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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